Teresa Bellanova è nata il 17 agosto 1958 a Ceglie Messapica (BR). Dopo alcuni incarichi provinciali nella Federazione Lavoratori AgroIndustria CGIL di Lecce, e nella Federazione italiana Tessile Abbigliamento Calzaturiero CGIL, nel 2000 è entrata a far parte della segreteria nazionale della Filtea con delega alle politiche per il Mezzogiorno, politiche industriali, mercato del lavoro, conto-terziarismo e formazione professionale.
È stata candidata per tre volte (2006-2008-2013) alle Elezioni Politiche per la Camera dei Deputati nella medesima Circoscrizione Puglia, risultando sempre eletta. Alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 viene candidata nel collegio uninominale di Nardò al Senato della Repubblica per la coalizione di centro-sinistra in quota PD, dove viene sconfitta dalla candidata del Movimento 5 Stelle Barbara Lezzi, ma viene comunque eletta senatrice in virtù della candidatura nella lista proporzionale del Partito Democratico nella circoscrizione Emilia-Romagna.
Il 28 febbraio 2014 è stata nominata dal Consiglio dei Ministri Sottosegretario di Stato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il 29 gennaio 2016 Viceministro dello Sviluppo Economico, e il 5 settembre 2019 Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali. Il 17 settembre 2019 lascia Il Partito Democratico e aderisce a Italia Viva, diventando capodelegazione nel Governo. Il 25 febbraio 2021 viene indicata come viceministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.
Attualmente è candidata alle Elezioni politiche del 25 settembre 2022 come capolista nel collegio plurinominale della Puglia per il Senato ed in seconda posizione dietro a Carlo Calenda nel collegio Sicilia 01.
1. I sondaggi di oggi parlano di circa 16 milioni di persone che si asterrebbero il 25 aprile, pari al 35. A cosa attribuisce questa disaffezione per la politica? Come fare per convincere gli astenuti?
Siamo proprio certi che sia disaffezione? Non credo. Sono portata e pensare che quel 35per cento rivolga alla politica una domanda di senso seria e rigorosa a cui non la politica in sé ma le classi dirigenti, le forze politiche, le diverse soggettività nei differenti ruoli e funzioni ricoperte, hanno spesso stentato a rispondere. La prima cosa da fare è prendere molto sul serio questo bisogno e soprattutto l’esigenza di soluzioni praticabili capaci di incidere positivamente sulla vita concreta delle persone, dei giovani, degli anziani. In questa campagna elettorale c’è chi promette dentiere e flat tax a go-go; chi minaccia di rimettere in piedi i Decreti sicurezza facendo credere che il problema siano i migranti; chi è demagogicamente convinta come Giorgia Meloni che alla questione epocale delle migrazioni si risponda con il blocco navale o ricacciando le persone nelle prigioni libiche dove le donne vengono stuprate e torturate; chi rispolvera la tassa patrimoniale mentre il punto vero è continuare ad abbassare il cuneo fiscale e semplificare il fisco; chi come unico rimedio alle difficoltà economiche delle persone più fragili propone soluzioni di puro assistenzialismo senza ulteriore prospettiva; chi già dice che il Pnrr invece di essere attuato per intero, garantendo così al Mezzogiorno la centralità che merita, va riscritto. Tutto e il contrario di tutto. Noi siamo la vera novità, non raccontiamo favole ma indichiamo soluzioni credibili. Il riformismo è questo. Quanto al Pnrr, lo ribadisco: chi vuole riscriverlo rema contro il Paese e contro le comunità meridionali, cui il Piano destina oltre il 40per cento delle risorse previste.
Quelle risorse sono necessarie al rilancio del Paese, ed è fondamentale l’intreccio tra investimenti e riforme. Il Piano non va modificato, va attuato.
2. Avete rischiato di correre da soli e poi avete creato il Terzo Polo, perché è necessario, se lo è, creare un terzo polo? Non rischiare di togliere voti nel Centrosinistra?
Capovolgo il ragionamento: #italiasulserio, la Lista Calenda-Renzi, è l’unica proposta che con chiarezza sta dicendo: siamo i soli ad essere credibili quando diciamo di voler proseguire con l’impianto messo in atto da Mario Draghi, quando indichiamo cosa ci impegniamo a fare, quando stiliamo la lista delle priorità per il Paese a partire dall’energia e del lavoro: siamo determinati a fare la differenza. Non abbiamo dubbi e il nostro obiettivo è costruire le condizioni perché la competenza, l’autorevolezza, la capacità di Draghi siano ancora il miglior biglietto da visita per il nostro Paese. La prova è nel nostro programma: non una sola delle proposte contenute è inattuabile, velleitaria, demagogica.
3. La Meloni sta facendo una campagna elettorale nella quale cerca di rassicurare la platea internazionale? Le crede? O ha paura di una deriva sovranista?
Già il fatto che Giorgia Meloni abbia bisogno di rassicurare gli establishment europei e oltre oceano dà da pensare. Che questo avvenga mentre lei lancia alcune parole d’ordine su Europa, alleanza atlantica, conferma delle sanzioni contro la Russia, e il suo alleato Salvini affermi l’esatto opposto, sollevando dubbi proprio sulla giustezza delle sanzioni e strizzando tutti e due gli occhi a Putin, legittima più di un dubbio. Ammesso che il 26 mattina il centro destra abbia conquistato la maggioranza, riusciranno a trovare la quadra sul nome del presidente del consiglio? Io non credo. E dopo, faranno il gioco delle tre carte con la mano destra che non sa cosa fa o cosa pensa la mano sinistra? Con quello che stanno promettendo in campagna elettorale, più che governare un Paese sfasceranno i conti pubblici. Con quale voce si presenteranno in Europa per ridiscutere del patto di stabilità? Quale autorevolezza saranno capaci di garantire sui tavoli internazionali? Non dimentichiamo che Salvini e Berlusconi, insieme a Conte, sono quelli che hanno mandato a casa Draghi, l’italiano più autorevole e credibile nei consessi internazionali.
4. Nel giorno della apertura della campagna elettorale si è fatto spesso riferimento al voto utile. I due leader spesso richiamano all’agenda Draghi, ammettendo apertamente di volerlo di nuovo al governo. Non crede si stiano mettendo troppo semplicemente da parte le questioni politiche?
L’unico voto utile è scegliere per il Parlamento persone serie, competenti, responsabili.
Per questo in una campagna elettorale in cui tutti dicono farò, io ho scelto di dire innanzitutto le cose fatte, gli impegni mantenuti, i temi su cui ho assunto responsabilità
che ho portato fino in fondo. E’ questa la garanzia che mi sento di assicurare a chi mi darà la sua fiducia. Fare politica per me significa esattamente questo.
5. Per esempio?
Faccio solo alcuni esempi: da Ministra delle Politiche agricole, appena arrivata al Ministero, uno dei primi risultati è stata l’attivazione con il Piano di rigenerazione olivicola della Puglia dei 300 milioni fino a quel momento inutilizzati. Per questo, proprio in quei mesi, l programma dei Distretti del cibo aggiungemmo i Contratti di distretto xylella. Alle due proposte ammesse a finanziamento sono già stati destinati 60 milioni, per 100milioni di investimento e il coinvolgimento di 172 aziende, mentre il terzo sarà presto finanziato grazie a un accordo tra Mipaaf e Regione Puglia. E’ un impianto che deve necessariamente proseguire anche con l’impegno di ulteriori risorse nazionali e regionali.
Durante il primo lock down, davanti al moltiplicarsi delle fragilità sociali, ho voluto con forza l’istituzione del Fondo emergenze alimentari che ho portato a 400milioni e che lavorerò per portare a 1 miliardo. Come ho voluto l’istituzione del Fondo ristorazione, con 600 milioni per saldare filiera agroalimentare e settore della ristorazione e il Fondo filiere, che nella Legge di bilancio 2020 ho dotato di 150milioni di euro e che nel Pnrr possono contare su una vera e propria strategia poi consegnata nelle mani del mio successore, con investimenti pari a 1miliardo 200milioni. E poi, nella successiva esperienza al Mims da Viceministra, il lavoro sulle Zes con il Decreto da 630milioni; i 5miliardi destinati a rafforzare e migliorare la mobilità ferroviaria lungo la linea adriatica e i circa 4 già impegnati nella prossima Legge di bilancio, l’impegno a sostegno dell’autotrasporto, cui abbiamo destinato in questi mesi circa 900milioni, incluse le risorse stanziate nella Legge di bilancio 2022, per rispondere alla crisi del caro energia.
6. Di recente Letta si è schierato apertamente contro il Jobs Act e il “blarismo”, rinnegando la storia recente del PD, cosa risponde?
Surreale. Il Jobs act mette in campo una visione riformista del lavoro, esattamente quanto serve al nostro Paese. Con quella Riforma è stata sfoltita la giungla contrattuale, sono state introdotte tutele per chi fino a quel momento ne era totalmente privo, abbiamo definito un sistema di sussidi di disoccupazione, canale usato – pensi un po’ – per sostenere il reddito dei lavoratori durante i lockdown, e avviato una strategia per le politiche attive degno di questo nome. Lo abbiamo fatto perché il nostro obiettivo era ed è un mercato del lavoro finalmente dinamico, con una alta mobilità interna. Per questo è necessaria la formazione professionalizzante, la creazione di competenze, i sistemi di incrocio automatico tra domanda e offerta, la mobilità all’interno dell’impresa. Avevamo e abbiamo in testa solo un obiettivo: ridurre le disuguaglianze tra chi è garantito e chi non lo è e creare pari condizioni per tutti, soprattutto per le donne e le nuove generazioni, adeguando le forme di protezione sociale. Esattamente quanto è accaduto con la sentenza della Corte di Cassazione che, applicando proprio una norma della Riforma, ha imposto il riconoscimento per i rider di Torino, e non solo, del lavoro subordinato, tutelando lavoratori giovani in condizioni di debolezza in quel mondo di mezzo fra lavoro autonomo e lavoro dipendente dove sono necessarie di più e non meno tutele. E poi penso a tutte le misure previste nella Riforma per sostenere la presenza delle donne nel mercato del lavoro, dalla cancellazione delle dimissioni in bianco a quelle norme che hanno sostenuto la conciliazione anche per le lavoratrici iscritte alla gestione separata e tutelato nei luoghi di lavoro le donne vittime di violenza.
Quando Letta dice che vuole archiviare il Jobs Act si riferisce anche a questo?
7. Siete a favore del Rigassificatore, come lo eravate della TAP, potrebbe spiegare la vostra posizione su questioni ambientali ed Energetiche?
Le infrastrutture energetiche sono necessarie, ne va della sicurezza nazionale. Così come è necessario diversificare le fonti di approvvigionamento. Per questo diciamo sì ai due rigassificatori nel porto di Piombino e a Ravenna, con le navi che dovrebbero arrivare nei primi mesi dell’anno prossimo. La nostra posizione è netta e chiara: l’energia è un tema serissimo. Non può essere affrontato a colpi di populismo o di demagogia, di incompetenza, perché a pagarne le conseguenze è, come stiamo verificando in questi mesi, un intero Paese, le sue imprese, le famiglie, le persone più fragili, che non possono sopportare aumenti vertiginosi delle bollette.
8. Oltre a TAP, come intendete gestire le questioni Ilva e xylella?
La ringrazio della domanda perché Tap, Ilva e Xylella veramente danno l’idea di quanti danni possano seminare il populismo e i populisti.
Su Ilva è presto detto: non mi arrendo e non mi arrenderò mai all’idea che salute, ambiente, lavoro, non possano e non debbano procedere di pari passo e sono ancora convinta che l’accordo proposto nel maggio 2018 ad azienda, amministrazione straordinaria, parti sociali, al termine dei 32 Tavoli di confronto che ho personalmente presieduto fosse di gran lunga migliore di quello poi siglato con il governo Conte-Salvini. Mentre c’era chi puntava a fare dell’Ilva la seconda Bagnoli d’Italia, trasformando Taranto in un cimitero industriale, io avevo come obiettivo l’ambientalizzazione in un territorio devastato dal disinteresse, dal disimpegno e dalla complicità di chi negli anni precedenti aveva avuto responsabilità di Governo distraendosi troppo disinvoltamente. Il nostro impianto per Taranto aveva come obiettivo superare la monocultura dell’acciaio senza però distruggere un patrimonio industriale di saperi e competenze di grande rilevanza che doveva coesistere con ambientalizzazione, tutela della salute, garanzia della qualità del lavoro, rispetto e salvaguardia dell’ambiente. Nasceva in quell’alveo il progetto del centro di ricerca e sviluppo poi sorto nel sito di Taranto su decarbonizzazione; transizione energetica e efficientamento dell’approvvigionamento elettrico; economia circolare, sviluppo nuovi prodotti, sviluppo della produzione di tubi per il trasporto di idrogeno; digitalizzazione e Industry 4.0.
Sulla xylella stesso discorso: mentre c’era chi negava l’esistenza del batterio, impediva l’attuazione del Piano Silletti, demonizzava la ricerca, si abbracciava agli alberi, io ho sempre difeso la centralità della ricerca e della scienza per contrastare il diffondersi del batterio, e la necessità di velocizzare l’utilizzo delle risorse per rigenerare il paesaggio e dare prospettive concrete agli olivicoltori, all’agricoltura salentina, alle aziende di produzione e trasformazione.
In questi giorni ho visitato qui nel Salento imprese che grazie al Piano di rigenerazione e poi ai Contratti di distretto xylella hanno costruito piani di sviluppo di eccellenza e adesso raccolgono i primi risultati del lavoro. Posso dirglielo senza sembrare retorica? La passione e il sorriso di questi imprenditori, uomini e donne, alcuni molto giovani, che hanno investito nell’agricoltura di qualità sono la conferma più bella del lavoro fatto.