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Omicidio Danelczyk, Galati aggredito dopo il trasferimento nel carcere di Taranto

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Albano Galati, 56 anni, originario di Taurisano e accusato dell’omicidio della moglie Aneta Danelczyk, è stato aggredito all’interno del carcere di Taranto. L’uomo, trasferito da pochi giorni dalla casa circondariale di Foggia, è stato vittima di un attacco violento da parte di un gruppo di almeno dieci detenuti. La famiglia, assistita dagli avvocati Luca Puce e Davide Micaletto, sta cercando di ricostruire le circostanze dell’aggressione, e ha intenzione di richiedere chiarimenti ufficiali al Dipartimento Amministrativo Penitenziario, con l’obiettivo di coinvolgere direttamente anche il Ministro della Giustizia Carlo Nordio.

L’incidente è avvenuto circa tre settimane fa, quando, in vista dell’udienza preliminare del 23 gennaio, Galati è stato trasferito a Taranto per consentire un incontro con i suoi legali e garantire la sua partecipazione al processo. Al suo arrivo, l’uomo è stato minacciato con frasi come “Non ti vogliamo qui” e “Devi andartene”, prima di essere aggredito fisicamente da almeno dieci detenuti. Gli avvocati, che hanno incontrato Galati una settimana dopo l’incidente, hanno descritto l’episodio come una “violenza selvaggia”, sottolineando che un simile attacco avrebbe dovuto essere preventivato dalle autorità competenti. Quando l’hanno incontrato, Galati presentava “evidenti segni di violenza sul viso, camminava con difficoltà, respirava a fatica e mostrava uno stato psicologico compromesso”.

Nel frattempo, è stata avviata un’indagine interna per identificare i responsabili dell’aggressione, e la difesa di Galati sta preparando una nuova richiesta di approfondimento per chiarire meglio le dinamiche dell’incidente. Gli avvocati sottolineano che, indipendentemente dalla fondatezza delle accuse che pesano su di lui, “Galati ha diritto a una detenzione dignitosa, che non possa compromettere ulteriormente la sua salute fisica e mentale”. La difesa conclude affermando che spetta loro “garantire la sicurezza e il benessere del loro assistito durante il periodo di detenzione”.

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