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PRC: “Salento, terra senza uomini. L’abbandono della terra è il tributo più alto da pagare”

La sezione taurisanese del Partito della Rifondazione Comunista interviene sulla questione dei consorzi di bonifica e sulla situazione agricola salentina in una nota, inviata alla nostra redazione di Taurisano.online, che riceviamo e pubblichiamo integralmente:

“In merito alla questione dei consorzi di bonifica, ci rendiamo conto che c’è bisogno di una breve ricostruzione storica per riscoprire le motivazioni che hanno dato origine a questo istituto. Senza la memoria storica non vi è futuro, ma soprattutto non sappiamo in quale direzione orientare le nostre azioni future. 

Per tale motivo, ci siamo avvalsi dell’aiuto di un agronomo locale, esperto in agroecologia, che ci ha aiutato in una minuziosa ricostruzione.

Agli inizi del secolo scorso, nella nostra regione, vi erano i latifondisti che possedevano gran parte della terra e poi vi erano i braccianti che lavoravano per essi. E poi vi erano una moltitudine di persone disoccupate che vivevano ai margini delle città ed in condizione di povertà in quanto il latifondo non permetteva un utilizzo pieno ed efficiente.  

Tanta terra da coltivare e allo stesso tempo così tanta fame, fanno emergere una enorme contraddizione che sfocerà presto negli anni Cinquanta del 900 in una grande piattaforma rivendicativa riguardo alla questione salariale per combattere contro le paghe da fame e le precarie condizioni di lavoro, per finire poi alla creazione dei consorzi di bonifica che erano funzionali alla costruzioni di opere finalizzate a portare l’acqua nella campagne, in una Regione come la Puglia che non ha corsi d’acqua superficiali.  

Spostandoci ad oggi, nel Salento, i consorzi non sono stati capaci di adempiere al loro compito. Infatti, poche ed insufficienti sono state le opere realizzate; nel basso Salento sono state ancora meno. Sapete tutti che i consorzi sono finanziati dai cittadini che possiedono un terreno e che pagano una tassa alla quale non possono sottrarsi. 

Agli inizi del 2000, interviene però la politica che diede la possibilità ai Sindaci – che erano in grado di dimostrare che le opere dei consorzi non erano presenti nel feudo del loro Comune di competenza – di poter interrompere i pagamenti definitivamente, così come è accaduto a Taurisano. 

I consorzi, nel frattempo, diventano dei carrozzoni pubblici che sono oramai privi della loro funzione ma pieni di dipendenti con gli stipendi da pagare, ed ecco che interviene ancora una volta la politica Regionale che interrompe definitivamente i pagamenti facendosene carico con il bilancio della Regione. A questo punto i consigli di amministrazione iniziano ad aumentarsi gli stipendi autonomamente per garantire una lauta pensione ai propri consiglieri, fino a quando nel 2010 non interviene la magistratura. Il Presidente Emiliano decide di nominare un commissario pro tempore per controllare i consigli di amministrazione di quattro consorzi di bonifica, ma finisce esso stesso per fare ciò che facevano i suoi predecessori: aumentarsi lo stipendio. Nessuno si preoccupa più della questione dei consorzi, fino a che la Corte dei conti finisce per scoprire la questione delle somme erogate ai consorzi dalla Regione Puglia e per tale motivo, gli stessi si ritrovano pieni di debiti e costretti ad inviare nuovamente nel 2022 le cartelle di pagamento ai consorziati a partire dall’anno 2014. Un paradosso del destino: un consorzio di bonifica delle terre che finisce per dover bonificare i suoi debiti.  

Chi paga tutto ciò? Ovviamente i cittadini e senza avere nulla in cambio. Ma soprattutto, costretti a pagare, perché trattasi di un tributo. 

Nel frattempo, il commissario del consorzio già nel 2017 lanciava sul sole 24 ore la sua proposta di consorzio unico. A chi lanciava un messaggio il Commissario sul giornale di Confindustria? La volontà è quella di chiudere una fase e cominciarne un’altra. Si, ma chi prenderà le decisioni per il nuovo consorzio? I grandi proprietari? E le opere a beneficio di chi saranno fatte? La provincia di Lecce nel nuovo piano di opere non prevede nulla.  

Dovremo continuare a pagare per non avere nulla?  

Come è andata a finire dunque? È andata a finire che siamo ritornati a cento anni fa quando vi era tanta terra ma nessuno che la potesse lavorare per via del latifondo. Ora, nel post “Xylella”, siamo tutti piccoli proprietari della terra, ma nessuno si preoccupa di lavorarla più! Siamo ritornati alla posizione di partenza: “Terre senza uomini”. 

Oggi, più che delle tasse da pagare, dobbiamo riflettere sul fatto che l’abbandono dei terreni, fotografa una nuova realtà che azzera tutto e ci mette nelle condizioni di dover riflettere per capire dove abbiamo sbagliato. Ci siamo accontentati di produrre ciò che poteva coltivato con poca acqua: olio, grano e vino e poi abbiamo permesso ai consorzi di fare ciò che hanno sempre voluto indebitandosi e senza pretendere le opere idrauliche per l’agricoltura ed infine ci siamo accontentati dell’elemosina dell’integrazione agricola e dell’assistenzialismo. 

Ora ci ritroviamo davanti ad un territorio ostile, difficile da coltivare. Perciò il nostro impegno deve essere contro l’abbandono della terra, il nostro grido deve rivendicare opere irrigue che possano portare l’acqua che serve a rendere fertili i nostri terreni e ad avere fino a tre raccolti l’anno!  

Lanciamo un appello ai cittadini, affinché si possa creare un movimento per la cura della terra e per il contrasto all’abbandono che porta alla perdita di fertilità dei terreni. Non possiamo aspettare che qualcuno risolva i nostri problemi o che non ci faccia pagare le tasse! La nostra ricchezza è la terra! Riappropriamocene!”.

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