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Furto con “cavallo di ritorno”, condannato taurisanese

È stato condannato a sette anni, sei mesi e venti giorni di reclusione un 51enne di Taurisano, arrestato il 16 novembre 2022 in un cantiere stradale sulla Presicce Acquarica-Lido Marini.

Nel processo, che si è celebrato con la formula del rito abbreviato dinanzi al gup Marcello Rizzo, è stata confermata l’accusa di estorsione con l’aggravante del metodo mafioso, in linea con la richiesta della sostituta procuratrice Giovanna Cannarile che era di sette anni.

Inutile è stato il tentativo della difesa, rappresentata dagli avvocati David Alemanno e Giuseppe Presicce, di chiudere la vicenda con un patteggiamento a cinque anni.

L’istanza, infatti, è stata rigettata nel giugno 2023 dal giudice Angelo Zizzari, che ritenne troppo bassa la pena in ordine a una serie di ragioni legate al conteggio, dal quale non potevano essere escluse né l’aggravante (del metodo mafioso), né la recidiva.

I fatti. Nell’autunno scorso, due giovani, mandati secondo l’accusa dal 51enne di Taurisano, si presentarono in un cantiere stradale sulla Presicce Acquarica-Lido Marini, con la volontà di dare il via ad una serie di estorsioni nei confronti dell’impresa che eseguiva i lavori, oltre a richieste di denaro in cambio di “protezione” dei macchinari.

Nonostante questo, però, si verificò il furto di un veicolo, seguito dalla richiesta di 11mila euro come somma necessaria per riottenerlo.

Al momento della riscossione, il 16 novembre 2022, spuntarono gli agenti. Il cugino del 51enne, che lo accompagnava, si diede invano alla fuga, a bordo di una Fiat Multipla. Le uscite del cantiere erano state sbarrate da altre auto della polizia, e l’uomo venne arrestato insieme al cugino. A quest’ultimo era contestata solo l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, per la quale riuscì a patteggiare la pena di dieci mesi.

Non appena saranno depositate le motivazioni, i legali valuteranno il ricorso in appello, poiché secondo la tesi difensiva il 51enne non minacciò, né usò mai violenza nei riguardi della presunta vittima, ma avrebbe commesso soltanto l’errore di essersi messo a disposizione di quest’ultima, per cercare, grazie alle sue conoscenze in ambienti criminali, la refurtiva. 

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