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#versoil25settembre: L’intervista a Fabio De Nardis (Unione Popolare)

Fabio de Nardis è nato a Roma il 19 Gennaio 1977. É Professore ordinario di Sociologia Politica presso l’Università di Foggia e Professore Associato dello stessa corso presso l’Università del Salento. É stato Presidente del Corso di Laurea in Sociologia dell’Università salentina.

Dirige la rivista internazionale “Partecipazione e conflitto” ed è tra i fondatori e portavoce della rete nazionale “Sociologia di posizione”.

Da 30 anni milita nei movimenti per la pace, per la giustizia climatica e per una università pubblica di massa e di qualità. Da oltre un anno è tra i promotori del movimento Paese Reale, che ha elaborato una campagna sociale per una legge sul salario minimo a 10 euro, un’estensione del reddito di cittadinanza o di inclusione e per un rafforzamento dei servizi pubblici soprattutto nella Sanità, nella scuola e nelle Università, connessi all’assunzione di un milione di lavoratrici e lavoratori.

Alle Elezioni Politiche del 25 Settembre 2022 è candidato con Unione Popolare nel Collegio Puglia 04 (Brindisi Lecce).

 

  1. I sondaggi di oggi parlano di circa 16 milioni di persone che si asterrebbero il 25 settembre, pari al 35%, a cosa attribuisce questa disaffezione per la politica? Come fare per convincere gli astenuti?

Da diversi anni la politica è distante dalla popolazione. I Parlamenti hanno perso il ruolo di rappresentanza degli interessi sociali e i governi, di fatto, mettono in pratica decisioni assunte fuori dai Parlamenti a tutela delle grandi tecnocrazie europee e mondiali. I cittadini ormai lo hanno capito e sono disillusi, disincantati, arrabbiati: non credono che la partecipazione elettorale possa essere un modo utile per cambiare direzione. Noi dobbiamo intercettare quel disincanto e creare un nuovo incanto.

 

  1. La vostra campagna elettorale non ha avuto una grossa copertura mediatica. A chi cercate di parlare e come lo fate?

Hanno cercato di oscurarci in tutti i modi: prima ci hanno costretti a raccogliere 35.000 firme per presentarci nella settimana di Ferragosto e siamo riusciti a raccoglierne 60.000, dando prova di una magnifica capacità militante. Poi, hanno cercato di oscurarci dai media addirittura escludendoci dai sondaggi che, per quanto metodologicamente dubbi, fanno comunque opinione. Anche in questo caso noi abbiamo reagito attraverso un grande sforzo di mobilitazione, cercando di essere presenti nei territori, intercettando quel disincanto di cui parlavo sopra. Ci siamo mossi come trottole attraverso migliaia di iniziative e lo abbiamo fatto come si faceva un tempo: entrando nelle case delle persone, facendo centinaia di comizi e interventi pubblici, lavorando intelligentemente sui social, pur senza le risorse economiche di cui dispongono gli altri partiti.

 

  1. Cosa vuoi dire essere un partito antisistema?

Vuol dire porci come soggetto alternativo rispetto a chi ha governato questo paese negli ultimi anni, che sia di centrosinistra o di centrodestra. Porci come soggettività autonoma rispetto ai principali poli. Proporre una politica alternativa nelle pratiche e nei contenuti.

 

  1. Esiste una lotta nei partiti di centrosinistra per affermarsi più progressisti di altri. Cosa vuol dire oggi essere progressisti?

Senza dubbio i partiti di centrosinistra propongono programmi spesso socialmente avanzati, ma la politica è fatta anche e soprattutto di coerenza e credibilità. Una cosa non possono toglierci: la memoria. Tutti i partiti attualmente in campo hanno governato in fasi alterne negli ultimi quindici anni e sono ancora attualmente tutti al governo. Mi chiedo: perché certe cose non le hanno già fatte? Semplice perché non intendono farlo. Il programma politico è una cosa seria, non chiacchiera valida per recuperare consensi in campagna elettorale. Noi lottiamo da anni sugli stessi temi. Siamo radicali, determinati, non ricattabili: siamo gli unici realmente credibili e tra le tante critiche che ci possono essere rivolte, una sola non può essere accolta. Noi abbiamo dato prova di coerenza, noi siamo sempre stati dalla stessa parte. 

 

  1. Ha paura della vittoria della Destra populista? Ha paura del pericolo deriva autoritaria e dell’isolamento sul piano internazionale?

Certo che la temo, ma temo anche un centrosinistra che negli anni ci ha regalato: l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori; il jobs act che ha reso endemica la precarietà del lavoro e che ha sottratto 37 miliardi alla sanità pubblica e 11 miliardi alla scuola; la guerra.  Il centrosinistra è il principale tutore degli interessi tecnocratici neoliberisti. Se vinceremo saremo forza di governo, se perderemo saremo forza di opposizione opponendo a questo sistema storie alternative nell’interesse delle classi popolari.

 

  1. Guardando al 25 settembre, quale sarà il futuro di UP? Il radicamento sul territorio? Le possibili alleanze?

Siamo consapevoli della nostra non autosufficienza. Per questa ragione, lavoreremo all’allargamento della nostra alleanza sociale costruendo gruppi di azione popolare in tutti i comuni, cercando in tutti i modi di individuare convergenze di programma ma anche di pratiche con gli altri soggetti che in questo momento hanno preferito non partecipare alla nostra coalizione.  La nostra cifra sta nell’idea di UNIONE di tutti i soggetti che credono in una idea di società, dove il libero sviluppo di ciascuno e ciascuna sia condizione del libero sviluppo di tutti. In poche parole: una società fondata su eguaglianza, giustizia sociale e autodeterminazione dei popoli. 

 

  1. Sul piano internazionale avete avuto importanti endorcement da parte di Melechon e Iglesias, vi ispirate ai loro progetti?

Sono anni che abbiamo relazioni solide con Unidas Podemos e la France Insoumise. I nostri programmi, con le dovute differenze nazionali, sono in buona parte sovrapponibili. Con quel programma Melenchon ha ottenuto il 22% alle scorse elezioni politiche e Pablo Iglesias ci è diventato Vice-Premier. Non a casa, in Spagna si registrano politiche di governo molto avanzate. Se la Francia e la Spagna progressiste credono in Unione Popolare, forse è arrivato il momento che lo faccia anche l’Italia. 

 

  1. Emergenza climatica, giovani, lavoro sono alcune delle questioni più importanti, quali sono le vostre ricette?

Sarò telegrafico per non tediare i lettori con troppi tecnicismi. Serve un intervento dello Stato per una reale riconversione energetica investendo in rinnovabili. Noi proponiamo una reale giustizia climatica mentre loro propongono nucleare, carbone, fonti fossili e rigassifficatori. Serve una estensione del reddito di cittadinanza portandolo a 1000 euro, perché la povertà assoluta è diventato un problema di cui lo Stato si deve far carico. Al contempo serve una legge sul salario minimo contro il lavoro povero. Basta schiavismo. Nel nostro paese non si deve poter guadagnare meno di 10 euro l’ora e quindi 1600 euro lorde al mese. Serve un piano di assunzioni di massa nel settore pubblico, in particolare sanità, scuola e università. Abbiamo valutato la copertura economica per assumere quasi un milione di nuove e nuovi infermieri, medici, docenti e personale amministrativo. Poi bisogna vigilare sui luoghi di lavoro affinché le regole vengano rispettate e nessuno venga più sfruttato. Ecco perché proponiamo anche l’assunzione di 10.000 nuovi ispettori del lavoro. Si tratta di un programma avanzato ma non di un libro dei sogni. Buona parte dei provvedimenti che proponiamo sono già in essere in altri paesi Europei. Si tratta di scegliere se essere il fanalino di coda dell’Europa, anche sul riconoscimento dei diritti, o se perseguire invece eguaglianza e autodeterminazione come ci chiede la nostra Costituzione.

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