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Vanini “padre nobile dell’Illuminismo”. L’intervista al Prof. Carparelli

La notorietà del prof. Mario Carparelli è un dato di fatto ormai dovunque, e questa breve introduzione non basterebbe a riassumere la sua brillante carriera che lo ha portato ad essere uno dei massimi studiosi ed esponenti degli Studi Vaniniani. Dopo gli studi filosofici tra Firenze e Lecce, ha continuato la sua specializzazione sulla figura di Giulio Cesare Vanini, che lo ha portato a ricoprire importanti ruoli tra cui quello di Vicepresidente del Centro Internazionale di Studi Vaniniani. La sua ultima pubblicazione è “Giulio Cesare Vanini. Il filosofo, l’empio, il rogo”, Liberilibri, 2021.

Il medaglione contenente il ritratto di Giulio Cesare Vanini, sotto il Monumento di Giordano Bruno a Roma.

Professore, il 9 febbraio l’Università del Salento dedicherà un busto a Giulio Cesare Vanini, nell’anniversario della sua morte. Come definirebbe il rapporto tra Vanini e la sua terra il Salento, in particolare Taurisano?

Vanini ha trascorso nel Salento circa metà della sua breve esistenza, vivendoci stabilmente dalla nascita fino all’età di sedici anni circa. Nelle sue opere nomina la sua terra natia – alla quale era molto legato – con trasporto e nostalgia, non disdegnando tuttavia di sottolinearne anche i limiti. In primo luogo, per un filosofo ateo e razionalista qual è lui, l’imperversare di superstizioni e credenze popolari, che peraltro egli sfata con rigore ed ironia. Le parole che riserva a Taurisano sono una vera e propria dichiarazione d’amore: “patria mia nobilissima e quasi gemma nell’anello del mondo”.

Vanini resta comunque una persona avvolta dal mistero, e il suo pensiero ignoto alle orecchie e al sapere di molte persone. Quanto l’opera di “esorcizzazione” contro Vanini ha ostacolato l’immediata diffusione del suo pensiero?

Il pensiero e le opere di Vanini hanno avuto una straordinaria circolazione e fortuna internazionale per tutto il Seicento, il Settecento e l’Ottocento. Non a caso, la bibliografia vaniniana conta circa diecimila titoli e abbraccia oltre cinquanta lingue. Sono numeri da “grande filosofo”, se mi è concessa l’espressione. Paradossalmente, Vanini è stato ignorato e sminuito soprattutto in Italia e, cosa ancor più grave, nella sua Puglia. Le spiegazioni possibili sarebbero tante, ma mi limito ad ipotizzarne solo una: Vanini è stato un personaggio troppo estremo e radicale per essere accettato, compreso e valorizzato in contesti in cui la cultura dominante aveva un forte stampo conservatore e, diciamo così, “moderato”. Per fortuna negli ultimi sessant’anni le cose sono cambiate, grazie all’impegno di studiosi italiani e stranieri come Antonio Corsano, Andrzej Nowicki, Èmile Namer, Giovanni Papuli, Francesco Paolo Raimondi, Domenico Fazio, per citarne solo alcuni. Oggi più che mai il nome di Vanini è entrato a pieno titolo nel dibattito scientifico e culturale nazionale e internazionale. Nessuno ormai si sognerebbe più di sostenere, come ahimè è avvenuto in un passato anche non troppo lontano, che Vanini è un autore minore, provinciale, insignificante e non meritorio di essere ricordato nella storia della filosofia.

Una copertina del “De Admirandis Naturæ Reginæ Deæque Mortalium Arcanis libri quattuor”

Le critiche al Vanini sono giunte anche in tempi relativamente recenti e dai suoi stessi conterranei, ad esempio dal melissanese Luigi Corvaglia. Il prof. Raimondi sembra spezzare una lancia a favore del Vanini, definendo il suo modo di scrivere un “iperfilologismo”, in quanto “l’originalità di Vanini non vada cercata tanto in singole affermazioni innovative, che pure non mancano, ma nel modo di riorganizzare idee già espresse al suo tempo dando all’insieme un nuovo senso, nella sua visione complessiva”.

La “sfortuna” di Vanini nel Novecento si deve, purtroppo, soprattutto all’accusa che negli anni ’30 del Novecento Luigi Corvaglia, poliedrico intellettuale originario di Melissano, mosse nei confronti di Vanini, reo a suo avviso di aver consumato un “plagio gigantesco” a danno di una serie di autori come Scaligero, Cardano, Pomponazzi, Fracastoro e altri. Tale accusa, che ancora oggi continua a “macchiare” l’immagine e la “reputazione” di Vanini è stata ormai definitivamente superata, essendosi rivelata ingiusta e frettolosa. Gli studiosi più accreditati sono, infatti, concordi nel ritenere che il cosiddetto plagio sia solo una delle strategie adottate da Vanini per elaborare e mimetizzare il suo pensiero. Ricorrendo a una metafora si potrebbe dire che Vanini ha costruito un “edificio” nuovo e originale (il suo pensiero) servendosi, spesso, di “mattoni” vecchi o riciclati (brani o testi di altri filosofi).

Oggi il progresso della società e lo sviluppo permette il riconoscimento dei diritti fondamentali a tutte le persone, che al tempo del Vanini era minacciato dal pesante clima dell’Inquisizione e dell’“Index librorum proibitorum”. Se oggi Vanini fosse stato tra noi cosa avrebbe detto?

Sono certo che Vanini non avrebbe abbassato la guardia e non si sarebbe cullato delle conquiste che le moderne democrazie hanno ottenuto in termini di riconoscimento e tutela dei diritti fondamentali. Il fanatismo ha solo mutato forma e modi, ma non è stato sconfitto ed estirpato definitivamente. Anche oggi Vanini non sarebbe sceso a compromessi con il potere, non avrebbe chiuso gli occhi davanti alle ingiustizie per “quieto vivere”. Si sarebbe sacrificato per la verità e la giustizia come Falcone e Borsellino, come Giulio Regeni: i Vanini del nostro tempo.

Omaggio a Giulio Cesare Vanini nel luogo della sua morte.

Gli apologeti identificano il Vanini come un precursore dell’Illuminismo, uno strenuo difensore dell’ateismo ed avversario delle superstizioni. Al Vanini va sicuramente il merito di aver aperto la strada alle teorie critiche della religione, ritenute preziose da personaggi come Gassendi e Bayle e contribuirono alla nascita dei Lumi. Altri studiosi, come ad esempio Ludovico Geymonat, consideravano gli scritti del Vanini di scarso valore filosofico e privi di validità ed efficacia. Ed oggi? Come il pensiero degli studiosi sul Vanini è cambiato?

Oggi Vanini è considerato un “razionalista radicale” e, in quanto tale, se non un precursore, un padre nobile dell’Illuminismo e dell’Europa laica e moderna. L’espressione è di Francesco Paolo Raimondi, mio maestro negli studi vaniniani con Giovanni Papuli e Domenico Fazio. La sua vicenda umana e intellettuale non è stata irrilevante, ma al contrario ha segnato un punto di svolta nella storia della filosofia occidentale. Secondo Sossio Giametta, traduttore e interprete “per eccellenza” di Nietzsche, Vanini ha elaborato “prima di Nietzsche, una concezione perfettamente immanentistica della vita e del mondo”. Al di là delle diverse sfumature esegetiche, ciò che conta veramente è che Vanini è ormai riconosciuto come un “classico” e, in quanto tale, come direbbe Calvino, “provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso”.

Come si può fare per divulgare a tutti, soprattutto alle persone più semplici il pensiero del Vanini? Come si può togliere l’idea erronea che può essere non comprensibile a tutti? Perché un filosofo elogiato da Hegel, considerato da Schopenhauer come suo predecessore, è ignoto ai suoi conterranei?

In realtà, il pensiero di Vanini è più chiaro e lineare di quanto si possa immaginare. Ed è anche molto attuale. Da diversi punti di vista. Nel mio ultimo libro, “Giulio Cesare Vanini. Il filosofo, l’empio, il rogo”, ho cercato di rendere Vanini accessibile a tutti, anche ai non specialisti. La sua missione filosofica e civile di “smascherare le frodi” altro non è se non il tentativo di svelare i meccanismi del potere, di denunciare le strumentalizzazioni perpetrate dalla politica per prevenire e contrastare il dissenso, di emancipare l’umanità dagli oscurantismi vecchi e nuovi, affrancandola dall’ignoranza e dal terrore. La collocazione di un busto dedicato a Vanini all’interno dell’Università del Salento, la più importante istituzione culturale del territorio, è anche un modo per rinnovare e rilanciare le battaglie del filosofo di Taurisano, nella consapevolezza che “l’istruzione è l’arma più potente per cambiare il mondo” (Nelson Mandela).

La casa natale di Giulio Cesare Vanini, Taurisano.
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2 commenti su “Vanini “padre nobile dell’Illuminismo”. L’intervista al Prof. Carparelli”

  1. Gent.mo Prof.
    Complimenti per l’ esaustivo e brillante articolo su Vanini.
    Manca solo qualche riferimento ad uno studioso Taurisanese.
    Saluti

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