Aumentano le esportazioni solo per valore, ma non per quantità. Diminuiscono, infatti, i prodotti salentini venduti all’estero. È quanto emerge dal nuovo studio condotto dall’Osservatorio Economico Aforisma (school of management, associata Asfor).
«L’export si conferma un traino sempre più prezioso per la nostra economia, ma è diventato ancora più costoso esportare all’estero. È l’effetto dell’inflazione che determina un interscambio commerciale più elevato, seppur la quantità dei prodotti risulti inferiore rispetto all’anno precedente – commenta il data analyst Davide Stasi – Aumentano le esportazioni, dunque, ma grazie al fattore prezzo e non per il volume dei prodotti che anzi diminuisce. Inoltre, si riduce il saldo della bilancia commerciale, intesa come differenza tra il valore delle merci spedite all’estero e quelle acquistate dagli altri Paesi».
Nel 2022 sono stati esportati beni per 784,8 milioni di euro, a fronte di importazioni per 730,2 milioni di euro. Il saldo è attivo di 54,6 milioni di euro. Nel 2021, invece, il saldo era attivo per ben 168,.4 milioni di euro (l’export valeva 742,8 milioni di euro contro l’import di 574,4 milioni di euro) e nel 2020 la bilancia commerciale era attiva per 193,2 milioni di euro (l’export valeva 574,7 milioni di euro contro l’import di 381,5 milioni di euro).
L’andamento della bilancia commerciale salentina, dunque, vede crescere l’export made in Salento verso i consumatori stranieri, ma anche l’import destinato alle aziende e alle famiglie leccesi.
«Le esportazioni – spiega Stasi – rappresentano un utile indicatore per comprendere lo stato di salute della produzione interna e del commercio mondiale. Attraverso l’andamento dell’export, infatti, si può monitorare la competitività delle aziende della provincia di Lecce e la loro capacità di raggiungere gli altri Paesi che possono rivelarsi strategici per lo sviluppo del territorio. Negli ultimi anni – ricorda Stasi – c’è stata una grande richiesta di prodotti agroalimentari, oltre ai macchinari che continuano a rappresentare la quota di mercato preponderante. L’export non è solo un’opportunità in più, ma quasi un obbligo per poter accrescere le quote di mercato. L’attenzione ai mercati esteri non può che diventare una priorità per le aziende che vogliono crescere, diversificando».
Riguardo ai prodotti maggiormente esportati all’estero, i valori più alti si registrano per macchinari e apparecchi (331,4 milioni di euro); prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori (193,3 milioni); prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrezzature (57,2 milioni); prodotti alimentari (56,5 milioni); prodotti agricoli, animali e della caccia (29,7 milioni); autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (25,5 milioni); articoli in gomma e materie plastiche (21,3 milioni); apparecchi elettrici (14,6 milioni); sostanze e prodotti chimici (10,9 milioni); prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (10,7 milioni).
Sul fronte delle importazioni, invece, i valori più alti si registrano per prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori (124,7 milioni di euro); macchinari e apparecchiature (84,6 milioni); prodotti della metallurgia (83,2 milioni); prodotti chimici (77,8 milioni); articoli in gomma e materie plastiche (64,4 milioni); prodotti alimentari (59,7 milioni); prodotti agricoli, animali e della caccia (43,8 milioni); apparecchi elettrici (23,8 milioni); prodotti in legno; carta e stampa (21,8 milioni); prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (18,6 milioni); computer, apparecchi elettronici e ottici (16,7 milioni); mezzi di trasporto (13,7 milioni).
Le gravi ricadute innescate dal conflitto ucraino, dunque, non hanno impattato se non solo sull’interscambio che interessa Russia e Ucraina, senza determinare gravi contraccolpi alla bilancia commerciale salentina.